domenica 7 gennaio 2024

Va, pensiero, sull'ali dorate

IL NABUCCO

E' una celebre opera di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera.

E’ stata presentata, per la prima volta, al Teatro alla Scala di Milano, il 9 marzo 1842.

Parla dei regnanti di Babilonia Nabucodonosor II e la figlia Abigalle. 


IL CORO "VA, PENSIERO, SULL'ALI DORATE"

E' una celebre aria ed una preghiera che gli ebrei recitano per la loro terra in mano nemica. Parlando dell'oppressione e della prigionia del popolo ebraico presso i babilonesi, Verdi richiama l'attenzione sull'oppressione di un popolo italiano. ancora sotto dominazioni straniere.

E' collocato nella terza parte dell’opera.

Nella breve introduzione orchestrale, le sonorità iniziali, sommesse e misteriose, si alternano all'improvvisa violenza degli archi in tremolo.  Le ultime battute prima del coro, con i ricami di flauto e clarinetto in pianissimo, sembrano voler evocare quei luoghi cari e lontani di cui parlano i versi. Il coro, dopo il suono sommesso ed elegiaco iniziale, acquista vigore sulle parole "Arpa d'or dei fatidici vati" e poi su "Le memorie nel petto riaccendi". Dopo lo stesso vigore lo abbiamo sulle parole "t'ispiri il Signore un concento, Che ne infonda al patire virtù", cui segue un diminuendo sulla ripetizione dell'ultimo verso.


Nabucco: Va pensiero (Riccardo Muti)


Testo (parafrasi in rosso, descrizioni aggiuntive in verde)

In queste due prime strofe si invoca la memoria. Essa si eleva simbolicamente in volo, per giungere nei luoghi cari agli ebrei. Le ali rappresentano proprio la memoria, queste sono di oro perché essa è preziosa, in quanto permette loro di prendere contatto con la terra perduta)

Va, pensiero, sull'ali dorate 

Vai pensiero sulle tue ali d'oro

Va, ti posa sui clivi, sui colli, 

Vai e posati sui pendii e sui colli

Ove olezzano tepide e molli, 

Dove profuma tiepida e deliziosa

L'aure dolci del suolo natal! 

L'aria dolce della nostra terra natale.


Del Giordano le rive saluta, 

Saluta da parte nostra le rive del Giordano

Di Sïon le torri atterrate... 

E le torri di Sion, che sono state distrutte...

Oh mia patria sì bella e perduta! 

Oh mia patria così bella ma perduta, (la preghiera si rivolge direttamente alla patria, questo giustifica l'aumento di dinamica)

Oh membranza sì cara e fatal! 

Oh ricordo cosi caro ma doloroso.


La terza e la quarta strofa si rivolgono all'arpa come simbolo di espressione di questa condizione dolorosa. Non è un invito al lamento fine a se stesso, ma piuttosto un'espressione del dolore che sia capace di ispirare un modo di reagire al dolore.

Arpa d'or dei fatidici vati, 

Arpa d'oro suonata dai nostri grandi profeti (L'arpa nella bibbia era suonata dal re David, regnante e profeta d'Israele),

Perché muta dal salice pendi? 

Perché ora taci e sei appesa ai rami di un salice, di un albero che piange?

Le memorie nel petto riaccendi, 

Riaccendi i ricordi nel nostro cuore,

Ci favella del tempo che fu! 

Parlaci del tempo in cui eravamo liberi.


O simile di Solima ai fati 

Concordemente al destino di Gerusalemme (Sòlima deriva dal nome greco di Gerusalemme)

Traggi un suono di crudo lamento, 

Fai uscire un suono di crudo lamento,

O t'ispiri il Signore un concento 

Oppure il Signore ti ispiri una musica

Che ne infonda al patire virtù 

Che sappia farci reagire alla sofferenza.